Quando ci sentiamo maggiormente compresi da chi ci sta di fronte?
Molti diranno quando la persona con cui parliamo ci guarda negli occhi, ha il corpo proteso verso di noi e accompagna i suoi movimenti ai nostri.
In altri termini “quando si mette nei nostri panni”, letteralmente.
Il meccanismo di sentirsi compresi internamente è definito EMPATIA, alla cui base c’è l’azione dei NEURONI SPECCHIO.
I neuroni sono la parte costituente del nostro cervello. Attraverso le loro interazioni elettriche e chimiche, riusciamo a sentire noi stessi e a coordinare tutte le azioni, i pensieri, i sentimenti e tante altre funzioni cognitive di cui siamo consci e non.
I neuroni specchio, scoperta italiana del team di Giacomo Rizzolati presso L’università di Parma tra gli anni ‘80/’90 dello scorso secolo, sono dei neuroni motori particolari che rispondono sia quando una persona compie un’azione sia quando vede la stessa azione compiuta da un’altra persona.
A livello cerebrale, quando qualcuno guarda bere un’altra persona è in qualche modo come se bevesse anche lui, e se la guarda guidare, è come se guidasse anche lui. Non solo imparo quello che tu fai, ma capisco anche le tue intenzioni.
Questi particolari neuroni si attivano anche quando si riconoscono le emozioni altrui.
Infatti, simulando i movimenti del volto, la gestualità e la posizione del corpo riusciamo a interpretare lo stato d’animo di chi ci sta di fronte.
È un meccanismo globale di comprensione dell’altro, si può capire l’emozione perché la si vive, la si sente.
Aristotele diceva “l’uomo è un animale sociale”, oggi sappiamo che il nostro cervello è un organo estremamente sociale.
Ovviamente questo non prescinde dall’importanza del linguaggio come strumento relazionale. Anzi, si può pensare che il linguaggio retroagisca modulando il funzionamento di questi meccanismi.
Parte dei neuroni specchio sono presenti alla nascita, altri si sviluppano nel corso della vita, ma certamente il loro affinamento avviene gradualmente a contatto con la realtà, sono modulati dalla cultura.
Sono alla base dell’empatia perché “In ogni azione, oltre ciò che si fa, conta l’intenzione, il perché la si fa” (Rizzolati, 2007).
Prendo il bicchiere, è l’azione. Come lo prendo è fondamentale per capire l’intenzione. Se per bere, per brindare, o per scagliarlo contro il mio interlocutore, per esempio.
E sono i neuroni specchio che ci rivelano l’intenzione in tempo reale, per cui siamo pronti a coprirci la faccia se chi ci sta dinanzi ha intenzioni aggressive.
Ci sono poi altri neuroni che inibiscono le azioni stimolate dai neuroni specchio, altrimenti ci ritroveremmo tutti a piangere quando vediamo una persona piangere o tutti a ridere quando la vediamo ridere.
La risposta emotiva efficace è, infatti, quella che prevede una simulazione dell’altro riuscendo nello stesso momento a mantenere una distanza, dandoci la possibilità di rispondere a tale situazione in maniera diversa in base alla persona con cui siamo, alle nostre conoscenze e al coinvolgimento emotivo.
In una relazione empatica, come può essere quella terapeutica, si creano tante nuove connessioni neuronali, generando un rimodellamento del cervello, favorendo la plasticità cerebrale.
In tali circostanze, i sistemi dei neuroni specchio, di entrambi, sono simultaneamente attivi in sincronia empatica l’uno con l’altro.
Quindi “ciò che i terapisti dicono ai loro pazienti, lo stanno dicendo anche a se stessi” in processi mutui di sviluppo e di auto cura (Rossi, 2008).