“Siamo tutti interconnessi” è una frase che spesso ci ritroviamo a sentire o pronunciare. Ma qual è il suo significato?
Molti studiosi hanno cercato di rispondervi già dai primi anni del XX secolo, con il passaggio da una visione meccanicistico-causale ad una visione olistica degli organismi viventi.
Si ritiene l’uomo sia strutturato secondo delle gerarchie di sistemi, dove ogni livello di sistema si colloca all’interno di uno più ampio.
Le cellule si combinano in tessuti, che poi formano gli organi che si uniscono a formare un organismo. Gli organismi poi vivono in gruppi che formano sistemi sociali che interagiscono con altre specie formando gli ecosistemi.
La teoria dei sistemi (L. von Bertalanffy, 1968) apre ad una concezione complessa, che supera il pensiero cartesiano secondo cui il comportamento del tutto può essere compreso studiando le singole parti.
I fenomeni non sono considerati come entità separate in relazione causale, ma considerati come globalità in relazione dinamica tra di loro, secondo un’ottica circolare.
In campo psicologico si fa riferimento al sistema per eccellenza: la famiglia. I membri della famiglia sono considerati elementi di un circuito di interazione, dove la comunicazione assume un ruolo fondamentale.
Il comportamento di uno influenza inevitabilmente il comportamento degli altri.
Ma non è corretto considerare questo comportamento come la causa di quello dell’altro, perché ogni membro influenza gli altri ma è anche influenzato dagli altri (M. Palazzoli Selvini).
Inoltre, ogni sistema ha le proprie caratteristiche e regole che ne permettono la spiegazione. Da qui l’importanza di considerare il contesto all’interno del quale si verificano le relazioni tra i membri.
“Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in il fenomeno si verifica” (Watzlawick, 1967).
Un sistema, ad es. quello famigliare, può in alcune circostanze allontanarsi dal suo equilibrio, a causa di input provenienti dall’interno o dall’esterno del sistema stesso, o a causa di fenomeni di ridondanza che non gli permettono di evolvere in senso creativo.
In questa fase può inserirsi l’intervento terapeutico, “dove il terapeuta (…) è considerato come un sistema che entra in contatto con un altro sistema che è il paziente, il gruppo, la famiglia o la comunità” (Galimberti, 1999).
Egli, attraverso la relazione e la comunicazione terapeutica, introduce delle informazioni dissonanti che permettono la creazione di nuove strutture e significati, così che il sistema in crisi possa riorganizzarsi.
L’obiettivo è una nuova stabilità dinamica, che promuova un funzionale rimodellamento del sistema in generale e dei singoli membri in particolare, in cui è possibile crescere, acquisire competenze e stima di sé, pur rimanendo in equilibrio.
“Il fiume modella le sponde e le sponde guidano il fiume.“ — Gregory Bateson